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Eo, l’asino che voleva essere libero. Ovvero la nostra (dis)umanità con gli occhi di un animale

ByRedazione

Dic 21, 2022

Esce nelle sale il film «animalista» di Jerzy Skolimowski, premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes. Il lungo viaggio dalla Polonia all’Italia di un somarello che non si rassegna alla prigionia

Dalla Polonia all’Italia in un viaggio che non è solo attraverso l’Europa, ma anche e soprattutto attraverso le tante sfaccettature della nostra (dis)umanità. E che negli occhi di un asino, Eo, ci viene spiattellata davanti agli occhi senza grandi possibilità di replica. Sappiamo essere umani e disumani al tempo stesso, soprattutto nel rapporto con gli animali e, soprattutto, con quegli animali che ancora non siamo arrivati a considerare di famiglia. Ce ne nutriamo, li utilizziamo per i lavori più duri. Li trattiamo nel peggiore dei modi quando li alleviamo, quando li trasportiamo e persino quando li macelliamo. Il benessere degli animali ci interessa quasi esclusivamente se parliamo di cani, gatti e pochi altri «eletti» che abbiamo fatto entrare nella categoria dei «pet».

 

Ma gli animali sono esseri senzienti anche se non sono piccoli e graziosi, se non vivono nelle nostre case e se non hanno accesso al nostro letto e al nostro divano. Ed è questo il messaggio che scaturisce dal film del regista polacco Jerzy Skolimowski, che all’ultimo Festival di Cannes, dove tornava dopo 7 anni, ha presentato una pellicola «animalista», che si è guadagnata il premio della Giuria. Con i riflettori orientati tutti sulle «Palme» e con flash che scintillano sul red carpet, non si parla molto dei premi secondari, soprattutto se a conquistarli è un animale. A meno che, e si ritorna alla visione pet-centrica delle nostre società, che l’attore degno di lode non sia un cane, come nel caso del Jack Russel di The Artist, il film del 2011 di Michel Hazanavicius, che ha collezionato successi in tutti i principali festival e messo sotto i riflettori non solo gli attori protagonisti, ma anche il cane. Nel nostro caso, invece, il protagonista è un asino, un animale umile, da sempre utilizzato per il lavoro o destinato a diventare carne e salame e solo raramente considerato animale da compagnia (o adatto alla pet therapy, come si vede anche in una scena del film). Eo, dopo la chiusura del circo polacco in cui si esibiva, viene trasferito in una stalla da cui riesce a fuggire per un lungo viaggio che, di avventura in avventura, lo porta fino in Italia, incontrando e relazionandosi con personaggi di vario genere, fino ad un giovane sacerdote globetrotter con problemi di ludopatia che ha sperperato la ricchezza della sua famiglia. Il film esce nelle sale il 22 dicembre e della trama conviene, dunque, non raccontare altro.

Spostiamo allora i riflettori sul tema scelto da Skolimowski , il quale affida agli occhi di questo animale il suo stesso sguardo sulla natura umana. Che può essere tenera ed empatica, come quella che si percepisce all’inizio del film, nella relazione tra Eo e Magda, la sua compagna di scena (che in pista si chiama Kasandra), ma anche la sua unica vera amica. Che ricorrerà nel corso del film anche dopo l’addio, una volta in presenza e più volte sotto forma di flashback emotivi che aiutano Eo a rinforzare la determinazione alla fuga, alla ricerca di una possibile libertà. Nel suo percorso si troverà in diverse situazioni in cui vivrà tutti gli aspetti dell’abiezione ma anche della compassione umana. E si troverà a condividere, nei silenzi e negli sguardi che solo gli animali sanno scambiarsi, le angosce e le paure di quel mondo non umano che gli umani pretendono di controllare.

 

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