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I cani capiscono le emozioni meglio degli uomini

ByRedazione

Nov 15, 2022 ,

Diversi studi si sono concentrati sulla capacità cognitive ed emozionali del cane

I cani avvertirebbero il dolore dei loro proprietari e si adopererebbero per farli stare meglio, soprattutto quando li sentono piangere. Uno studio scientifico, riportato da Learning & Behaviour, conferma quella che può esser stata l’esperienza empirica di molte persone ovvero che il compagno a quattro zampe è in grado di percepire la tristezza del suo proprietario e si attiva per sollevargli il morale. Un test, effettuato su cani di differenti razze, era stato così pensato: i padroni dei cani sono stati posizionati dietro una porta trasparente per fare in modo che gli amici a quattro zampe potessero accorgersi della loro presenza e sentirne la voce. Ai proprietari è stato poi chiesto di cantare o di piangere, mentre gli scienziati registravano le reazioni fisiche ed emotive dei cani. Quando i padroni piangevano, nella maggioranza dei casi i cani si sono precipitati ad aprire la porta per consolarli, e più velocemente rispetto a quando i padroni li chiamavano o cantavano. Qualche altro animale è rimasto «paralizzato» sentendo il pianto del proprietario, a quanto pare non a causa di mancanza di legame affettivo, bensì per via di livelli di stress elevatissimi.

Tutte le emozioni dei cani

Recenti studi come questo di Learning & Behavior, pubblicazione di Springer Nature in collaborazione con la Psychonomic Society, che si occupa di apprendimento e comportamento animale, hanno messo a fuoco i processi cognitivi, neurologici, comportamentali ed emozionali del cane domestico (Canis lupus familiaris). Molte le ragioni pratiche, spiega in sommario la testata, per accendere la luce dei riflettori sui cani: è una specie che ha un enorme impatto sulla società umana, suscitando un ampio spettro di emozioni, dal cane «migliore amico dell’uomo» all’orrore degli episodi di cronaca che vedono alcuni «cani cattivi» aggredire – o peggio – i loro «amici»; e pertanto è importante, sul piano pratico, meglio comprendere le variabili che governano i comportamenti dei cani a causa del sempre maggior numero di attività e industrie che li utilizzano. Sebbene la ricerca scientifica sul cane abbia una lunga e nobile storia – basti pensare ai nomi di DarwinLubbock o Pavlov – esistono ancora aree grigie, prove incerte e ambigue e ipotesi in via di revisione.

Il rapporto con l’uomo

Nella raccolta di studi Canine Cognition di Leanr Behav, curata da Jeffrey S. Katz e Ludwig Huber, l’attenzione è illustrata innanzi tutto a partire dalla questione dell’addomesticamento originario, una ipotesi a lungo accreditata ma che è oggi meno certa di quanto si pensasse un tempo. Le comparazioni con il comportamento del «cugino» lupo (Canis lupus), la socialità delle due specie e così via, hanno acceso dubbi: non sapremo mai cosa accadde all’origine della speciazione canina. Però sono state osservate due transizioni cruciali nel rapporto con l’uomo. Dall’ecologia della nutrizione, la caccia in branco per procacciarsi il cibo, l’utilizzo di rifiuti umani, le cure parentali, il Canis lupus familiaris ha sviluppato una progressiva indipendenza dai cospecifici sia per l’allevamento della prole che per il cibo, al contrario del lupo e del suo branco; e viceversa il cane ha sviluppato una sempre maggiore dipendenza dall’uomo. Una delle domande che premono la ricerca attuale è se questa accresciuta dipendenza dagli umani abbia sospinto l’evoluzione di specifici processi psicologici «come umani» nei cani. Filogenesi, ecologia e rapporto con gli umani sono considerati da alcuni studi come altrettanti fattori capaci di avere un’influenza, ma recenti studi hanno, fra l’altro, anche dimostrato il fenomeno di apprendimento sociale nei cani; l’utilizzo, quando trovano oggetti, di segnali riferibili alla sfera umana; indizi che i cani non prendono in considerazione la dimensione di una ricompensa come fattore decisivo delle loro scelte; vantaggi nell’apprendimento per i cani più giovani.

Fonte: CQitalia

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